Skip to main content

PRESENTAZIONE

A cura di

BIANCAMARIA VALERI 

La città di Ferentino racchiude dentro le sue mura, come in uno scrigno, preziosissime testimonianze artistiche, dono dei nostri antenati, che tramandano silenziosamente la grande storia di una città che, come scrisse Titinio, “res grecas studet” (Psaltria seu Ferentinas). Solo un popolo colto, educato all’arte e al bello, ma anche alla ricerca di bellezza estetica coniugata alla funzionalità, poteva costruire una città così splendente come Ferentino. Adagiata sulla collina, si affaccia sulla Valle del Sacco, come se le pendici fossero balconate dalle quali godere di un panorama eccezionale. Città scenografica, così come la vollero i Romani, domina la Valle del Sacco e controlla il traffico viario di una grande direttrice stradale, che dall’antichità fu elevata a rango di grande arteria commerciale: la Via Latina, oggi via Casilina.

La posizione strategica di Ferentino la fece essere un avamposto molto importante degli Ernici: fu conquistata dai Volsci e nel 413 a. C. dai Romani (Liv., iv, 51, 56), ai quali si ribellò. Fu riconquistata nel 361 a. C. (Liv., vii, 9) dai Romani e ne rimase fedele alleata per tutta la durata della grande storia romana. Il poeta Orazio suggeriva all’amico Sceva la città di Ferentino come località ideale per soggiorni di riposo e tranquillità (Epistulae, I, 17). Inoltre, a Ferentino era funzionante un teatro, edificato tra la fine del I e l’inizio del II sec. d. C., sito nei pressi dell’antico percorso viario del Kardo Massimo, nei pressi di Porta Sanguinaria, e che poteva contenere circa tremila spettatori (A. Bartoli, Il teatro romano di Ferentino, ed. Frosinone 1963). La Città non perse la sua importanza nei secoli, cosiddetti “bui”, del Medioevo; anzi risplendette di gloria maggiore e ne sono testimonianza le emergenze architettoniche e artistiche che in tale epoca si produssero. In particolare notevole è la ristrutturazione della Città secondo il modulo dell’arte cistercense che a partire dal XII secolo si diffuse in tutto l’Orbis Christianus. Non meno importante fu la città nei secoli dell’età moderna e contemporanea. Gli scatti pubblicati nella cartella Ferentino città d’arte, prima sezione: Immagini storiche di un passato ultracentenario e seconda sezione: Monumenti e architetture ne sono ottima documentazione.

La Storia monumentale di Ferentino ha sfidato i secoli e, pur nel passaggio di congiunture più o meno fortunate, è rimasta tetragona ad “ammonire”, ricordare, indicare, insegnare. Se il termine “monumento”  deriva dal latino: monumentum, che a sua volta deriva dal verbo: monere “ricordare”, il monumento risponde all’esigenza profonda di ricordare. Il monumento è “segno che fu posto e rimane a ricordo di una persona o di un avvenimento … opera di scultura, o di architettura decorativa, che si colloca nelle aree pubbliche a celebrazione di persone illustri o in memoria di avvenimenti gloriosi” (in www.treccani.it › vocabolario). Il monumento segna e indica un “ricordo”, un fatto memorabile che si intende tramandare ai posteri in modo indelebile, duraturo, vera sfida contro la consunzione del tempo.

Ferentino città d’arte

Immagini storiche di un passato ultracentenario

Cartoline d’epoca restaurate da Fulvio Bernola

Prima Sezione

Fulvio Bernola, su invito del Presidente della pro Loco di Ferentino, il compianto Luigi Sonni, ha restaurato alcune cartoline d’epoca, ben note nel mercato dei collezionisti di “cose antiche” ferentinati e degli antiquari. Le cartoline  ritraggono aspetti particolari della vita cittadina di fine Ottocento; e sono anche foto di panorami e monumenti; un particolare modo di fissare su carta la vita, le tradizioni, le bellezze artistiche di una cittadina posta a circa 70 km da Roma e che, fino alla metà degli anni ’20 del secolo scorso, era nella circoscrizione amministrativa della provincia di Roma. Fulvio Bernola con sapienti ritocchi fotografici, lavorando sui toni del seppia, ha antichizzato ulteriormente le foto, dando una patina di colore dorato, dando il sapore del buon tempo antico, dove natura, bellezza artistica e vita cittadina convivono in armonia.

Traspare dalla riproduzione fotografica una Città a dimensione d’uomo, dove il tempo scorre scandito dal sorgere e dal calare del sole; dove le piazze sono vissute nella vivacità del mercato cittadino; dove era un rito la passeggiata quotidiana sulla via principale; dove i monumenti e le chiese troneggiano maestosi sullo scorrere della tranquilla vita quotidiana. Sono scorci di una tranquilla vita cittadina, cadenzata dalle attività agropastorali, dal mercato cittadino del sabato, dal rito della riserva d’acqua potabile attinta alla fontana di Piazza Grande, dedicata a Vittorio Emanuele II dopo la morte del re d’Italia, ma da sempre individuata come Piazza del Governo, perché antistante al palazzo del comune medievale.

Il retaggio storico di una Città vive nelle imponenti rovine dell’antichità romana. Le possenti mura megalitiche o poligonali, le porte di accesso alla città continuano a guardare solenni il transito della vita cittadina, l’uscita e il rientro in città dopo il lavoro quotidiano nei campi: porte austere e silenziose, aduse a guardare scorrere la storia bimillenaria della Città.  

Ferentino è una città cresciuta su se stessa come un palinsesto: si è sviluppata dalle sue radici storiche, sulle quali si sono sovrapposti armonicamente stili di vita e stili di politica, che il lavorio dei secoli ha trasformato in stretta connessione di valori civici e religiosi. Non si è trattato di sincretismo, ma di trasformazione progressiva dei comportamenti e degli atteggiamenti umani, che hanno saputo adattarsi ai nuovi sistemi che si sono presentati nella Storia, talvolta in forme violente, tal altra con successione evolutiva e silenziosa.

È una riproduzione fotografica che suggerisce il mondo del buon tempo antico e racconta questo bel vivere da cittadini senza parole o discorsi eloquenti, ma con il messaggio sottile dell’immagine icastica. A noi, che guarderemo queste riproduzioni d’arte, si aprirà il mondo dell’immaginazione, della nostalgia di tanti amici e di tanti familiari che hanno avuto la fortuna di sentire le voci, i suoni, di percepire i profumi, gli aromi della vita passata; che forse gli anziani ci hanno raccontato richiamando la loro gioventù, ma che noi, presi dalla concitata vita contemporanea, non abbiamo ascoltato e non siamo riusciti a percepire lo scorrere di un tempo lento e placido, nel cui corso si cullava la vita dei nostri avi.

La foto, scattata oltre cento anni fa, ha cristallizzato l’immagine e fissato definitivamente il momento storico dell’evento. La distanza da noi potrebbe sembrare abissale, incolmabile; potrebbe farci pensare ad un passato arcaico, che non ha più nulla da raccontare a noi; potrebbe sembrare evocativa di un mito, perché troppo lontano nel tempo appare il fatto antico rappresentato. Eppure la riflessione su tale distanza nel tempo e nello spazio unisce i due poli dell’evento antico e del fruitore contemporaneo; la successione nel tempo e nello spazio della memoria ci congiunge al passato e ce lo trasferisce nella contemporaneità viva del nostro vedere e ricordare, del nostro riflettere su una realtà che continua a vivere, a raccontare e a interrogarci sul destino del nostro futuro.

La foto ci restituisce il ricordo e, se etimologicamente, il termine ricordo significa “riportare al cuore”, le immagini, che contempleremo attraverso le foto, ci faranno rivivere nel cuore una vita storica, ci faranno vagheggiare gli amori e soffrire i medesimi affanni che hanno attraversato la vita ferentinate del tempo che fu.


Ferentino Città d’Arte

 

Scatti fotografici di Fulvio Bernola

su monumenti e architetture

Seconda Sezione

Grazie ai suoi monumenti, magniloquente vestigio del passato, Ferentino continua a tramandare la sua storia e a meravigliare chiunque si accosti alla sua grande bellezza, architettonica, monumentale, paesaggistica. I monumenti di Ferentino, per il loro pregio d’arte e di storia, per il loro significato, sono grande testimonianza lasciata intenzionalmente alla posterità dai nostri antenati.

La nobildonna romana Marianna Candidi Dionigi visitò Ferentino nel suo gran tour nel Lazio,  svolto sul finire del XVIII secolo. Il suo viaggio è raccontato in una serie di lettere, nelle quali  immortalò le città di Alatri, Anagni, Ferentino, Anagni, Arpino e Atina, le “città saturnie” perché fondate nell’età dell’oro dal mitico dio Saturno. La pubblicazione delle esperienze di viaggio nel Lazio nacque su richiesta dei suoi ospiti che, frequentando il suo salotto letterario a Roma, sentirono dalla viva voce della Nobildonna descrizioni meravigliose. Si addivenne ad una pubblicazione da poter sfogliare e rileggere: Viaggi in alcune città del Lazio che diconsi fondate dal Re Saturno, Roma, Luigi Perego Salvioni, 1809-12); edizione preziosa, perché unita alla stampa dei disegni che la Candidi Dionigi fissò su carta dopo aver ammirato le grandi opere degli Antichi. In questa preziosa edizione appare lo scenario di una regione dove natura e opere umane si fondono armoniosamente.

Ed è questo ciò che ci si aspetta dalla cartella fotografica Ferentino Città d’Arte di Fulvio Bernola. Gli scatti di Fulvio si riferiscono alla sua attività svolta durante un arco temporale molto ampio. Alcune delle foto sono da pellicola, altre da fotocamera digitale. La pellicola delle foto in bianco e nero è stata sviluppata e stampata dallo stesso Autore nel proprio laboratorio; le foto a colori, invece,  hanno avuto sviluppo e stampa in laboratorio professionale. Prima della loro pubblicazione ogni foto è stata sottoposta a provinatura, per selezionare lo scatto migliore; e la provinatura è stata meticolosamente controllata anche dall’Autore degli scatti. Nella seconda sezione di Ferentino città d’arte sono pubblicati alcuni scatti, che sottolineano artisticamente con le immagini la descrizione dei monumenti ferentinati così come appaiono oggi al visitatore, un suggerimento visuale, che emerge da uno scatto, da un momento colto dall’obiettivo fotografico, da quella particolare forma di scrittura che scaturisce dal riprodurre il segno della luce.

Nel vocabolario Treccani (in www.treccani.it › vocabolario) fotografare ha il significato principale di riprendere e riprodurre per mezzo della fotografia una personaun paesaggio; e in senso figurato: descrivere, rappresentare in modo vivo, esatto, fermare, fissare, tratteggiare, delineare, ritrarre. Questo ha fatto Fulvio Bernola con i suoi scatti che hanno fermato, descritto, rappresentato in modo vivo Ferentino, i suoi monumenti e il suo paesaggio.

La fotografia documenta il passaggio della luce sulle superfici. E tale passaggio è ripreso rapidamente dall’obiettivo fotografico che lo cattura in un rapido battito di ciglia, dallo scatto istantaneo dell’obiettivo. Il risultato dipende da fortuite variabili, ma soprattutto dalla paziente attesa del fotografo che coglie l’attimo anche se talvolta in modo inconsapevole. “Fermati attimo! Sei bello” esclamava Goethe nel «Faust», a indicare la struggente nostalgia nei confronti degli istanti felici che, in apparenza, corrono via trascinati dal tempo e scompaiono chissà dove, come se fossero perduti per sempre.

(DE)

«Zum Augenblicke dürft ich sagen:
Verweile doch, du bist so schön
Es kann die Spur von meinen Erdetagen
Nicht in Äonen untergehn.
Im Vorgefühl von solchem hohen Glück
Genieß' ich jetzt den höchsten Augenblick.»

(IT)

«All'attimo direi:
sei così bello, fermati!
Gli evi non potranno cancellare
l'orma dei miei giorni terreni.
Presentendo una gioia tanto grande,
io godo ora l'attimo supremo.»

(Faust, subito prima di morire. Faust. Urfaust, trad. e cura di Andrea Casalegno, vol. II, pp. 1040-1041)

La fotografia coglie l’attimo e lo ferma per sempre; come per sempre mantiene viva la suggestione, l’emozione che la foto suscita ed evoca. La fotografia riesce a rappresentare trasparenze, luminescenze, colori, ombre, masse, linee direttrici focali … sempre; ma non è un fatto solamente fenomenico. Dietro l’obiettivo è presente tutto il complesso esistenziale della persona che maneggia la macchina da presa e la fa vivere, trasportando nello scatto tutto quanto può essere pensato e vissuto come totalità di una persona. La foto, che risulta dall’alchimia di tecnica, ragione, sentimento, istante, contingenza e necessitazione tecnica, improvviso stupore, continua a suscitare in chi ne fruisce il medesimo stupore generato dall’istante e lo amplifica innescando una catena infinita di emozioni e sensazioni personali. Nasce un dialogo molto più intenso di quello generato dalla lettura del pensiero scritto: l’immagine è icastica e parla direttamente al cuore oltre che all’intelligenza.

Come conclusione voglio utilizzare le parole stesse che Maria Teresa Valeri scrisse per il brillante opuscolo Ferentino romana e medievale (2000).

Tutta la città di Ferentino è un grande monumento, è museo di se stessa: e questo i turisti lo colgono subito, anche se lamentano il traffico intenso, che impedisce la visione libera e la fruizione completa dei monumenti. (…) Così come la luce del sole fa vivere le cose, le porta ad “essere”, a comunicare la loro bellezza, altrettanto riesce a fare la Fotografia, dal momento che “fotografare” significa “scrivere con la luce” (…) fissa gli stati d’animo, costringe anche l’osservatore meno esperto a riconoscere il bello, lo stimola alla conoscenza e alla contemplazione della Bellezza, che è segno visibile del bene e, come ricorda anche F. Dostoevskij ne l’Idiota (Milano 1998, P. III, cap. V, p. 645) salverà il mondo. (…) la luce solare limpida di un mattino sereno, catturata dal diaframma della macchina fotografica, e la calibrata luce nelle vedute d’interni, stimolo efficace a risonanze interiori grazie alle suggestive modulazioni chiaroscurali, proiettano i monumenti ferentinati quasi nella dimensione dell’eternità. (…) nelle foto la luce valorizza con estrema chiarezza l’armonia geometrica e l’elegante cura delle forme raggiunta negli impianti strutturali dei nostri monumenti cittadini, tutti caratterizzati da un costante equilibrio statico-dinamico tale che ogni monumento, da qualsiasi parte venga osservato appare stabile e nello stesso tempo “vitale”, mai rigidamente statico e privo di “anima”. Le foto … sottolineano adeguatamente il valore etimologico del termine “monumentum”, che, derivato dal latino, (…) è perpetuo ricordo di un’impresa, di un’idea, di un valore, di una civiltà. (…)”.

 

La storia di un popolo si può conoscere non solo dalle fonti “scritte”, ma anche da quelle “non scritte” (iconografiche, monumentali); e, come scrive Maria Teresa Valeri, “le fonti archeologiche e monumentali costituiscono per noi un tramite “diretto” con i nostri antichi predecessori, conservandone nella pietra la loro testimonianza “autografa”. (…) I monumenti di Ferentino rappresentano e testimoniano emblematicamente la storia civile, religiosa, economica e culturale della nostra città, sempre attenta sin dall’epoca più antica a lasciare un segno significante nella storia, coniugando nell’arte e sotto il controllo del buon senso il rispetto dell’ambiente naturale, delle tradizioni, della fede, dell’ospitalità, del confronto e della progettazione innovativa con la ricerca della bellezza nei valori dell’equilibrio e dell’armonia”.

Biancamaria Valeri